venerdì 7 ottobre 2016

Punto di rottura

Sottotitolo: la vita non è un film

Martedì sera, ore 18:25, sono da poco uscito dal lavoro e sto correndo in ciclabile, la tabella prevede 1h a 4’40”/km; sono per strada da circa 15 minuti, il cruise control lavora bene e navigo tranquillo in direzione Milano.
Ad un tratto un gruppetto di ciclisti sfreccia alla mia sinistra, senza sapere come o perché volo via e finisco nella scarpata; passa qualche secondo ho dolori in ogni parte del corpo, cerco di rialzarmi ma il braccio con cui faccio forza cede di schianto e mi trapassa un’altra fitta terrificante. Decido di rimanere disteso nell’erba e cerco di capire cosa sia successo. Poco distante vedo un’altra persona anche lui steso nella scarpata, guantini e caschetto, è un ciclistica. In un baleno riesco a ricostruire la dinamica, uno di quelli che mi stava sfrecciando accanto mi ha centrato in pieno e siamo entrambi volati nella scarpata a lato della ciclabile. Inizio a tastare il mio corpo cercando di fare la conta dei danni subiti, i primi riscontri sono decisamente poco confortanti: spalla dolorante, la testa dell’omero sembra fuori posto; scendendo ho forti dolori alle costole soprattutto al lato sinistro; qualche graffio su braccia e gambe; botte varie e distribuite un po’ dappertutto. Cerco di muovere la spalla per capire quanto grave è il danno, a fatica e con gran dolore sembra ruotare e tornare in asse; mi tiro su in posizione seduta ma ho continue fitte al torace. Immerso nel mio limbo di dolore e incomprensione neanche mi accorgo che c’è una persona che mi sta parlando con faccia decisamente preoccupata. Rientro nel mondo reale e inizio a comunicare con questa buon’anima rassicurandolo delle mie condizioni, lui mi risponde che sta arrivando l’ambulanza.
Passano altri 10 minuti prima che i crocerossini ci carichino entrambi e ci portino al pronto soccorso, nel frattempo riesco ad alzarmi da solo e muovere qualche passo. Il ciclista è invece ancora disteso e lo devono trasportare con la barella. Giunti in ospedale ci vuole quasi un’ora di attesa prima della visita preliminare, l’ortopedico mi manda poi a fare i raggi e anche li altra attesa. Il responso definitivo arriva alle 21 circa: sublussazione alla spalla e due costole incrinate; 10 giorni di tutore e più di un mese per ristabilirsi completamente. Un foglio di carta che suona come una condanna sulla strada per Venezia, niente maratona, stagione finita.
Mentre torno a casa in autobus ancora sporco d’erba e di polvere troppi pensieri occupano la mia testa, cerco di distrarmi guardando fuori ma il paesaggio e la brevità del percorso non aiutano. Arrivato a casa cerco di farmi una doccia, nonostante i continui dolori a spalla e costole riesco a lavarmi; insieme all’acqua se ne vanno anche un po’ di pensieri. Avrò qualche giorno di riposo forzato e poi tornerò a lavorare, il medico dice che dalla settimana prossima potrei provare anche a guidare la macchina se il tutore non mi dà troppo fastidio, il 13 andrò a fare un visita di controllo e decideranno se devo tenerlo o meno. Per la corsa se ne riparlerà verso il 20 di novembre quando le costole saranno guarite del tutto.
Nel cinema vanno tanto di moda le trilogie e Venezia doveva essere il mio terzo capitolo nella saga delle maratone, purtroppo la vita non è un film ed il mio rimane incompiuto, senza lieto fine.